Prefazione

La tiroide è una ghiandola a secrezione endocrina; viene stimolata da un ormone ipofisario (ormone tireotropo o TSH) alla produzione degli ormoni tiroidei (la tiroxina o FT4 nella grande prevalenza e la triiodotironina o FT3 in piccola parte).

L’ormone attivo è rappresentato dalla T3 che viene convertita dai tessuti periferici dalla T4 grazie all’enzima desiodasi. Gli ormoni tiroidei, riversati nel circolo, permettono la regolazione delle principali funzioni dell’organismo (cuore, intestino, cervello, ecc.).

L’elemento che è alla base della struttura degli ormoni tiroidei è lo iodio e questo consente di capire quale possa essere l’importanza della presenza dello iodio nell’ambiente. Infatti se la quantità di iodio è adeguata la tiroide lavora in condizioni ideali, mentre se lo iodio è carente (regioni a carenza iodica o di endemia gozzigena) la tiroide ne soffre potendo modificarsi soprattutto dal punto di vista della sua struttura (comparsa di ipertrofia della ghiandola o gozzo con possibile comparsa di noduli) ma anche come alterazione della funzione tiroidea (iper o ipotiroidismo).

 

Introduzione

Il nodulo tiroideo rappresenta la condizione morbosa più comune nell’ambito delle malattie tiroidee sia come incidenza che come causa di consultazione del medico di base.

Nei paesi a normale apporto iodico, come gli Stati Uniti, l’incidenza dei noduli tiroidei nella popolazione generale è di circa il 4-5%, mentre nei paesi a carenza iodica, come l’Italia, l’incidenza aumenta fino al 20-25%.

Generalmente il paziente non accusa alcun disturbo (normale funzione tiroidea) ma scopre casualmente la presenza di una tumefazione del collo o da solo oppure in corso di altri accertamenti. La maggior parte dei noduli tiroidei è di natura benigna e possono manifestarsi come singoli nell’ambito di una ghiandola di normali dimensioni oppure in una ghiandola aumentata di dimensioni, cioè in un gozzo.

 

Protocollo diagnostico

La storia clinica o anamnesi rappresenta il primo approccio al problema. Infatti il periodo di tempo trascorso dalla comparsa del nodulo, la presenza o no di dolore locale, la stabilità delle dimensioni o la rapida crescita possono orientare il medico verso un certo tipo di patologia; il riscontro nella storia del paziente di esposizione a radiazioni ionizzanti sulla testa e/o sul collo (procedura frequentemente utilizzata in passato per la terapia delle tonsilliti, acne, angiomi, ipertrofia timica) indirizza verso il sospetto di una patologia maligna.

L’età e il sesso del paziente costituiscono importanti elementi di valutazione. Nei bambini il riscontro di un nodulo tiroideo è estremamente raro e sovente sospetto. Negli adulti di sesso maschile il nodulo tiroideo è meno frequente rispetto al sesso femminile e deve sempre essere osservato con maggiore attenzione. Nel sesso femminile la patologia nodulare tiroidea è molto più frequente e generalmente di natura benigna. Nell’anziano la comparsa di un nodulo tiroideo deve sempre essere osservata con maggiore attenzione.

La zona di provenienza del paziente è altrettanto importante in particolare se il paziente è nato e cresciuto in una zona dove l’elemento iodio è poco presente nell’ambiente e quindi a carenza iodica, in cui l’endemia gozzigena rappresenta un fattore predisponente allo sviluppo della patologia nodulare.

Anche la familiarità per malattie tiroidee rappresenta un altro fattore importante riscontrandosi una incidenza maggiore di tireopatie nodulari rispetto alle famiglie senza malattie tiroidee. Altrettanto vale per la ereditarietà che interessa solo certi aspetti della patologia tiroidea e dei noduli in particolare (carcinoma midollare, forma eredo-familiare).

L’esame obiettivo del collo riveste la massima importanza nella valutazione diagnostica. Infatti l’osservazione della regione del collo durante la deglutizione e la palpazione accurata della ghiandola tiroide permette di accertare il carattere unico o multiplo, le dimensioni, la consistenza e la fissità del nodulo, la dolorabilità e la eventuale presenza di linfonodi satelliti.

 

Esami di laboratorio

Il dosaggio degli ormoni tiroidei e del TSH risultano nella massima parte dei casi nella norma. Essi valgono quindi a definire lo stato funzionale della tiroide.

Il dosaggio degli auto-anticorpi anti-tiroide permette di valutare la presenza o no di una malattia autoimmune.

Il dosaggio della calcitonina consente di diagnosticare con certezza pressoché totale in fase preoperatoria un carcinoma midollare della tiroide.

 

Esami strumentali

La ecografia tiroidea con ecocolordoppler studia la natura del tessuto utilizzando gli ultrasuoni. I noduli tiroidei possono essere solidi (cioè costituiti da cellule), cistici (cioè costituiti da liquido) o misti (in parte solidi e in parte cistici). La sensibilità dell’ecografia è molto elevata, consentendo di discriminare noduli con un diametro di pochi millimetri. L’ecocolordoppler aiuta a capire come la vascolarizzazione si distribuisce sia nella ghiandola tiroide sia nel nodulo.

La scintigrafia tiroidea viene di regola eseguita con tecnezio (99mTc) o con isotopi radioattivi dello iodio. Ciò consente di visualizzare la tiroide e le formazioni nodulari “calde”o funzionanti(cioè con maggiore intensità di captazione del tracciante) oppure “fredde” o non funzionanti ( con minore intensità).

La radiografia del collo e la TAC del collo-mediastino consente di valutare i rapporti anatomici con le strutture principali del collo ( in particolare trachea ed esofago) e quindi di escludere eventuali compressioni o deviazioni delle strutture.

L’ agoaspirato tiroideo con esame citologico consente di distinguere tra noduli benigni e maligni con una affidabilità di circa il 95%. L’obiettivo dell’agoaspirato è quello di ottenere cellule che una volta distesi su un vetrino, vengono letti dall’anatomo-patologo consentendo di esprimere una diagnosi di natura del nodulo. L’agoaspirato tiroideo è una metodica semplice, non invasiva e può essere ripetuta più volte.

 

Scelta della terapia

Dopo una valutazione diagnostica completa dovremo stabilire se eseguire terapia e se la terapia può essere medica o chirurgica.
La scelta di non eseguire alcuna terapia viene consigliata in caso di aree nodulari inferiori al centimetro oppure nei pazienti dopo i 58-60 anni di età per evitare complicanze a livello cardiologico oppure nei pazienti con cardiopatia documentata. In genere in questi pazienti l’osservazione nel tempo è sufficiente a confermare ecograficamente la stabilità della lesione nodulare.

La scelta di eseguire una terapia medica con ormone tiroideo sintetico (l-tiroxina sodica) è consigliata nel gozzo con o senza noduli tiroidei “freddi” o non funzionanti. Lo scopo della terapia è quello di mettere a riposo la ghiandola (bloccando il TSH) e quindi bloccare la crescita del nodulo tiroideo. In alcuni casi con recente insorgenza possiamo ottenere anche la regressione del nodulo. La terapia ormonale con l-tiroxina deve sempre essere monitorata con dosaggi periodici degli ormoni tiroidei liberi (FT4 e FT3) e del TSH.

La scelta chirurgica avviene in caso di nodulo tiroideo citologicamente sospetto o maligno, nei noduli tiroidei con dimensioni particolarmente grandi e/o con fenomeni compressivi sulle strutture del collo. In caso di nodulo tiroideo maligno l’esame istologico distingue i tumori in differenziati: papillari (i più frequenti)e follicolari; midollari, anaplastici o indifferenziati. Nei pazienti con carcinoma tiroideo differenziato la terapia post-chirurgica prevede la terapia radiometabolica con iodio radioattivo per la distruzione dei tessuti residui e delle metastasi con il dosaggio della tireoglobulina circolante che rappresenta il marker del carcinoma differenziato della tiroide. Nel caso dei carcinomi midollari e dei carcinomi anaplastici la terapia è diversa e generalmente la prognosi più infausta.

 

Profilassi iodica

In realtà la vera terapia del nodulo tiroideo è rappresentata dalla profilassi iodica che consiste nella normalizzazione dell’apporto iodico alimentare. Infatti anche all’inizio abbiamo parlato dell’aumento della incidenza dei noduli tiroidei nelle aree a carenza iodica (cioè di endemia gozzigena) rispetto a quelle con normale apporto iodico. Inoltre il problema dell’endemia gozzigena non riguarda solamente le aree storiche già documentate ma tutto il territorio nazionale nel quale è stato documentata una escrezione urinaria di iodio nettamente inferiore rispetto ai Paesi che già utilizzano la profilassi iodica nella alimentazione.

La profilassi iodica, che può essere attuata con il semplice uso del sale iodurato per uso alimentare, rappresenta quindi uno strumento essenziale per ridurre una delle cause più importanti del gozzo nella popolazione italiana. Una opera di informazione e di divulgazione dell’uso del sale iodurato deve essere promossa da tutte le associazioni pubbliche e private, dai medici di base e dalle strutture sanitarie che operano sul territorio, nell’interesse della popolazione tutta e in particolare dei bambini che sono nati e che crescono in una zona a carenza iodica.