Le ghiandole paratiroidi, in numero mediamente di quattro, sono piccoli organi endocrini situati posteriormente alla ghiandola tiroide. La loro prima descrizione anatomica risale al 1880 da parte dello svedese Ivar Sandstrom. L’iperfunzione ghiandolare determina l’iperparatiroidismo. Questo può essere suddiviso in primitivo, secondario e terziario.
L’iperparatiroidismo è considerato una malattia sistemica in quanto ha effetti su svariati organi ed apparati. Attualmente, ove si eccettui per alcune forme di iperparatiroidismo secondario, il trattamento principe rimane quello chirurgico. E’ fondamentale comunque sottoporre il paziente ad un buon inquadramento diagnostico-strumentale preoperatorio per ottimizzare la tipologia dell’approccio chirurgico.
L’iperparatiroidismo primitivo (PHPT) è una condizione caratterizzata dall’eccessiva e parzialmente incontrollata secrezione del paratormone (PTH) da parte di una o più ghiandole paratiroidee iperfunzionanti. Da malattia estremamente rara l’PHPT, oggi, è divenuto il terzo disordine endocrino più frequentemente diagnosticato, dopo il diabete e le tireopatie, in relazione alla disponibilità di metodiche automatiche di misurazione della calcemia serica che ne hanno premesso lo screening di routine. Le manifestazioni tipiche e più gravi della malattia come la nefrocalcinosi e l’osteite fibrocistica, sono sostanzialmente diminuite e si è imposto all’attenzione il cosiddetto “iperparatiroidismo lieve o asintomatico” (mild PHPT). Questo non presenta generalmente un carattere evolutivo e pertanto non si assiste nella maggior parte dei pazienti alla comparsa delle manifestazioni cliniche tipiche del PHPT. Più frequente è il riscontro di un impegno osseo meno marcato e caratterizzato dalla presenza di osteopenia, con prevalente impegno dell’osso corticale, di sintomi sfumati o aspecifici.
Cause
Classicamente l’iperparatiroidismo può essere primitivo (IPP) per un’autonoma secrezione del paratormone da parte delle paratiroidi (85% adenoma singolo; 15% iperplasia delle cellule principali o adenomi multipli; <1% carcinoma; altre forme ereditarie) con una prevalenza che va dallo 0,2% al 4,4% .
L’iperparatiroidismo secondario (IPS) è determinato prevalentemente da sindromi da malassorbimento e quindi da ipovitaminosi D e da altre malattie caratterizzate da ipocalcemia cronica di lunga durata (leucemia e mieloma) o da farmaci.
L’iperparatiroidismo terziario (IPT) si instaura quando interviene un’autonomia funzionale delle paratiroidi in corso di iperparatiroidismo secondario di lunga durata (la causa più frequente è rappresentata dalla insufficienza renale cronica).
L’iperplasia delle paratiroidi può far parte di una sindrome sistemica con il coinvolgimento di più ghiandole a trasmissione familiare quali le neoplasie endocrine multiple (MEN 1, MEN 2A, MEN 2B).
Sintomatologia
Attualmente l’iperparatiroidismo è riconosciuto come una malattia multisistemica. L’iperparatiroidismo primitivo può presentarsi in diverse forme che clinicamente possono decorrere o in maniera del tutto asintomatiche (forme silenti) o con sintomatologie ingravescenti sempre in relazione ai valori del PTH e conseguentemente della calcemia. Nell’ambito delle forme sintomatiche con coinvolgimento dell’apparato uropoietico, la nefrolitiasi si manifesta con coliche renali nel 30-40% dei casi.
Per quanto riguarda le manifestazioni ossee, sappiamo che il PTH aumenta il turn-over dell’osso e demineralizzazione ossea diffusa che possono portare ad un quadro di osteoporosi.
L’apparato gastrointestinale può essere anch’esso coinvolto da tale endocrinopatia; si possono avere nei casi di ipercalcemia grave casi di epigastralgia, nausea e vomito, gastrite, ulcere peptiche e fenomeni pancreatitici.
Per ciò che concerne le manifestazioni neurologiche, la labilità emotiva, la depressione, la difficoltà di concentrazione e la riduzione di memoria sono sintomi frequenti in corso di iperparatiroidismo.
Un’ipertensione arteriosa è osservata nel 20-60% associata talvolta a bradicardie e BAV di primo grado.
Aspetti diagnostici e terapeutici
La diagnosi laboratoristica riveste un ruolo diagnostico fondamentale soprattutto nell’ambito dell’iperparatiroidismo primitivo ed è talvolta il primo campanello d’allarme che innesca successivamente tutto l’iter diagnostico. Nella maggior parte dei casi, a livello laboratoristico, si rileva un’ipercalcemia associata ad un aumento del calcio ionizzato. Il contemporaneo aumento del PTH plasmatico è il rilievo cardine per fare la diagnosi.
Allo stato attuale la scintigrafia con sesta-MIBI è considerata l’indagine strumentale principe per la localizzazione delle ghiandole paratiroidee caratterizzate da una patologica iperfunzione. Per contro l’esame ultrasonografico è in grado di fornirci ulteriori e peculiari caratteristiche, fondamentali nel caso di localizzazioni cervicali. La TAC e la RMN ed ultimamente la SPECT trovano il loro principale utilizzo qualora vi sia la necessità di studiare eventuali paratiroidi ectopiche ma nascoste.
Nei casi di iperparatiroidismo primitivo, la scintigrafia con sesta-MIBI permette la corretta localizzazione di un adenoma paratiroideo con valori di accuratezza compresi tra l’85 ed il 95%.
L’ecografia è un’indagine strumentale, assolutamente non invasiva, caratterizzata da costi esigui e conseguente ripetibilità, pur essendo fortemente operatore-dipendente. La sensibilità della metodica ecografica varia tra il 30% ed il 70%.
Sebbene nell’iperparatiroidismo secondario l’approccio farmacologico possa dare dei buoni risultati, nell’iperparatiroidismo primitivo la chirurgia riveste un ruolo fondamentale (MIVAT).
Novità sul fronte della ricerca
Ogni qualvolta un paziente presenti una sintomatologia tipica associata ad alterazioni ematochimiche del livello di calcio totale, calcio ionizzato, fosforemia ed ovviamente del PTH, dovrebbe rivolgersi allo specialista per ottimizzare la tipologia ed il timing dell’approccio terapeutico più adeguato al suo caso.